Dal Booker alla Buchmesse: chi fa il canone letterario oggi?
Dalla longlist tedesca alla “globalizzazione” del Booker, mentre l’AI riscrive le regole.
LETTERATURA
by Martin J. Osburton
8/19/20252 min leggere


Stamattina (19 agosto '25) il Deutscher Buchpreis svela la longlist: venti romanzi, benzina per l’autunno editoriale e anticamera di Francoforte. Ma chi stabilisce oggi cosa resta—i premi, i lettori, o gli algoritmi?
Il canone in diretta. La Germania calibra l’attenzione con un calendario scandito al secondo: longlist il 19 agosto (ore 10), shortlist il 16 settembre, cerimonia il 13 ottobre; montepremi €37.500 (al vincitore €25.000). La pagina ufficiale lo dice senza giri di parole e fissa perfino l’orario, segno che i premi sono diventati format con un climax che anticipa la Buchmesse e crea domanda di lettura. In breve: i premi non fotografano il canone, lo producono. E non finisce sulla carta: tra blind‑date readings e un longlist‑evening, il premio costruisce presenza scenica.
Un Booker sempre più “mondo”. Il Booker Prize 2025 parte da 13 titoli scelti fra 153 invii, con 9 nazionalità—la longlist più ampia per provenienze nell’ultimo decennio, dicono gli organizzatori. Quest’anno la shortlist sarà svelata in evento pubblico (23 settembre) e il vincitore sarà annunciato il 10 novembre; premio £50.000. Il presidente Roddy Doyle spiega che «alcuni [libri] esaminano il passato e altri pungolano il nostro presente incerto; tutti sono vivi di personaggi e sorprese narrative». Il canone non è un tempio: è un ponte mobile fra tradizioni, mercati e lettori.
AI, diritti e “biblioteche d’addestramento”. La liturgia incontra la legge: un giudice federale ha respinto la richiesta di Anthropic di appellarsi subito in una causa che la accusa di aver usato milioni di libri piratati per addestrare modelli; il processo è fissato al 1° dicembre 2025. Secondo gli atti, il deposito conterrebbe fino a 7 milioni di libri provenienti da pirate libraries; la class action è stata ammessa. L’esito può valere miliardi e fissare, di fatto, il confine tra fair use e abuso. Intanto, l’U.S. Copyright Office ha ribadito che «material generated wholly by AI is not copyrightable» e che la protezione scatta solo dove c’è contributo umano sufficiente. Il canone del futuro, dunque, sarà ibrido: umano‑assistito, non macchina‑centrico.
Mercato e pop‑non‑fiction. Nel frattempo, dovrebbe uscire MAMBA & MAMBACITA FOREVER (MCD/FSG), libro‑evento sincronizzato con il calendario culturale. Non è un dettaglio ornamentale, segnala come la non‑fiction ad alta risonanza—sport, celebrity, memorie—si attacchi ai picchi d’attenzione creati dai premi letterari. Qui, romanzi longlistati e titoli mediatici non si neutralizzano: competono per lo stesso ossigeno dell’attenzione, e spesso finiscono per amplificarlo. Non a caso la data precede il Kobe Bryant Day (24 agosto): tempismo che orchestra ritmi globali tra sport e memoria.
Allora chi decide il canone? Le giurie avviano la conversazione, i lettori la convalidano (o la smentiscono), i tribunali tracciano i guard‑rail e l’AI—piaccia o meno—impone nuove domande sulla paternità dell’opera e sul valore del lavoro editoriale. Possiamo rimpiangere la purezza perduta; possiamo anche, più utilmente, pretendere trasparenza: dataset legittimi, filiere che pagano gli autori, criteri di valutazione dichiarati. Il canone, oggi, è un processo pubblico. Non un dogma scolpito nella pietra, ma una pratica collettiva che si fa e si disfa—davanti a noi, in streaming. Il 2025 ci chiede carte scoperte: canoni flessibili, regole serie; nessun algoritmo senza diritti, nessun premio senza lettori.
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