Eddie Aikau: quando l’oceano diventa dovere

Il primo bagnino di Waimea Bay, un campione di big wave e un gesto estremo che ha creato un mito.

SOCIETÀ

by Martin J. Osburton

8/15/20254 min leggere

Ci sono vite che si leggono come un poema breve. Tre canti: apprendistato, responsabilità, scomparsa. Eddie Aikau appartiene a questa metrica essenziale. E sì, l’ultimo verso lo scrive il mare.

Il ragazzo di Kahului. Nasce a Kahului (Maui) il 4 maggio 1946. Famiglia di lavoratori, infanzia stretta e felice intorno all’acqua. Nel 1959 si trasferisce a O‘ahu; a sedici anni lascia la scuola per lavorare alla Dole e comprarsi una tavola. Nel suo nome completo – Edward Ryon Makuahānai Aikau – spicca “hānai”: in hawaiano significa adozione, prendersi cura, nutrire. Non è un vezzo etimologico: è un programma morale.

Il guardiano della North Shore. Nel 1969 diventa il primo bagnino ufficiale della North Shore (in servizio a Waimea Bay). La statistica fa quasi paura: oltre 500 salvataggi; nessun annegamento sotto la sua sorveglianza; Bagnino dell’Anno nel 1971. Non c’erano moto d’acqua, né gommoni veloci. Solo pinne, tavola e testa fredda. È qui che molti iniziano a mormorare quel mantra semplice: quando la situazione si fa estrema, Eddie va.

Il surfista che abitava l’onda. Parallelamente, Aikau è surfista di livello mondiale. Nel 1977 conquista il Duke Kahanamoku Invitational su Sunset Beach – storicamente la tappa madre del grande surf. La vittoria sigilla una verità già evidente in lineup: Eddie non inseguiva l’onda per vanità, ma per responsabilità. Il coraggio, da solo, non basta; serve disciplina, e quella, lui, la allena in torretta salvando sconosciuti.

La notte della Hōkūleʻa. Marzo 1978. La Polynesian Voyaging Society ripete il viaggio tradizionale verso Tahiti con la canoa Hōkūleʻa. Partenza il 16 marzo; tempesta; la canoa si capovolge a sud di Molokaʻi. Il mattino dopo, Eddie pagaia verso Lānaʻi per cercare aiuto. Si toglie il giubbotto – intralcia il gesto, non la scelta – e scompare nella schiuma. Il Guardacoste salverà il resto dell’equipaggio. La ricerca che segue è la più grande nella storia delle Hawai‘i. Una testimonianza di bordo riassume la tensione: “Eravamo a ore dal perdere qualcuno… e pensavo che lui ce l’avrebbe fatta.” (estratto breve).

Da allora, il 17 marzo è ricordato in molte comunità hawaiane come Eddie Aikau Day; la famiglia crea una fondazione che finanzia borse di studio e progetti culturali. Il mito non rimuove la ferita; la organizza.

“Eddie Would Go”: un motto, due origini. Qui la storia inciampa “bene” nella leggenda. Per alcuni, l’espressione nasce in torretta: “anche se lo avessi incatenato, Eddie sarebbe andato”, scherza il capitano, vedendolo partire ogni volta che il mare faceva la voce grossa. Per altri, il motto si consolida nel primo Eddie quando qualcuno, guardando condizioni borderline, taglia la discussione: “Eddie would go.” In ogni caso, il senso è chiaro: l’etica precede la paura. (E nei primi anni 2000 circola persino la variante ironica “Eddie wouldn’t tow”, contro il traino con jet‑ski).

Il rito di Waimea: “The Eddie”. Per onorarlo nasce nel 1984/85 il Big Wave Invitational che tutti chiamano “The Eddie”. Si fa solo quando l’oceano decide le grandi occasioni: 20 piedi di swell in mare aperto, cioè 30–40 piedi di faccia d’onda misurata in baia. Per questo è rarissimo. Nel 2023 è tornato dopo sette anni e l’ha vinto un bagnino in servizio, Luke Shepardson, favola nella favola. Nel 2024 le condizioni si riallineano e Waimea esplode di pubblico: undicesima edizione della storia, 22 dicembre 2024, vince il locale Landon McNamara (nipote del grande Garrett Mcnamara). Non è solo sport: è un rito civile che ricorda – a tutti – che entrare in acqua ha un prezzo e un senso.

Perché ci riguarda (anche se non surfiamo). Potremmo archiviare Eddie come icona “esotica”, cartolina di aloha e fiori al collo. Sarebbe comodo, e falso. La sua storia parla di servizio: entrare nel caos per riportare ordine, anche quando l’ordine è solo un respiro guadagnato a un turista, un ragazzino, uno sconosciuto qualsiasi. In tempi che confondono spettacolo e coraggio, Aikau ci inchioda a una domanda ruvida: a che cosa siamo disposti a rispondere? Le onde, in fondo, sono solo la scenografia. La scelta – andare o non andare – è tutta umana.

Due note di accuratezza.

  • Il nome corretto è Edward Ryon Makuahānai Aikau: Ryon con la “o”, e hānai nel senso hawaiano di adozione/accudimento.

  • Alcune fonti indicano Waimea Bay come teatro del Duke 1977; la documentazione storica più solida colloca quell’edizione a Sunset Beach. (Il che, a ben vedere, rafforza l’immagine di Aikau: vincente ovunque).

Si dice che certi nomi restino scritti sulla sabbia. Non questo. Il nome di Eddie Aikau sta nell’acqua che si alza e nel silenzio di chi decide, in un secondo, che l’altro viene prima. L’onda chiama. Il resto è rumore.

Eddie Aikau