Festivaletteratura di Mantova: cinque giorni in cui la città diventa parola viva
Una città UNESCO che dialoga con il mondo, tra passeggiate letterarie, intellettuali internazionali e l’energia dei giovani.
LETTERATURA
by Martin J. Osburton
9/1/20253 min leggere


Ogni inizio settembre Mantova si veste di parole, idee, incontri. Dal 1997 Festivaletteratura richiama lettori, studiosi, curiosi. Le piazze diventano salotti, i palazzi rinascimentali una pagina da voltare, e la città—piccola, camminabile—si fa parola viva.
Cinque giorni, misura giusta. Cinque giorni: basta la misura per dire il carattere. In calendario tra il 3 e il 7 settembre 2025, il festival conferma il suo format: incontri con autori, reading, percorsi guidati, performance, concerti, laboratori per giovani. Non un luna park della cultura: piuttosto una biblioteca a cielo aperto che cammina tra cortili, chiese e teatri, con un’organizzazione agile che privilegia la prossimità fra luoghi e persone. Non è un caso che tutto accada in una città riconosciuta Patrimonio Mondiale UNESCO insieme a Sabbioneta: le distanze sono brevi, i tempi dilatati quel tanto che serve per ascoltare davvero. La scansione è collaudata: si apre mercoledì e si chiude domenica, senza maratone estenuanti né pause soporifere.
Nato dal basso, cresciuto in città. L’identità del festival nasce dal basso. Alla vigilia della prima edizione un gruppo di cittadini—otto nomi, otto teste dure—decise di provarci sul serio; il modello era quello anglosassone (sì, Hay‑on‑Wye in Galles), adattato al respiro italiano. Da lì una rete di volontari ha preso in mano la città: accoglienza, logistica, sale, traduzioni, perfino i driver. Lo strumento civile di questa energia è l’Associazione Filofestival, che promuove e sostiene l’iniziativa durante l’anno. E il laboratorio non è solo per adulti: dal 2002 Scritture Giovani mette in dialogo giovani autori europei con Mantova e con altri festival partner. Nel gergo interno circolano storie pratiche e un po’ epiche: autori recuperati all’alba in stazioni diverse, driver pronti a coprire tratte da aeroporti lontani—Tokyo, New York, Bogotà magari non tutte insieme, ma il senso è quello.
I numeri contano, e raccontano. I numeri spiegano la traiettoria meglio di molte aggettivazioni. All’esordio si contarono circa 15.000 presenze e poco più di cento eventi (le fonti oscillano tra 105 e 106: dettaglio minimo, ma utile a capire la spinta). Nel 2019 le presenze salirono a 122.500—di cui 63.500 a pagamento—con ospiti internazionali e piazze piene. Dopo il COVID, il 2023 ha registrato oltre 65.000 partecipazioni e oltre 300 eventi, con la presenza di una Premio Nobel come Olga Tokarczuk. Le presenze nel 2024 hanno superato le 69.000 unità. Il 2023, per inciso, ha segnato un +16% rispetto al 2022, segnale di un ritorno di fiducia del pubblico. Insomma, non un gigantismo. Una crescita sostenuta e, soprattutto, sostenibile.
Programmi, temi, precisione. Perché funziona? Perché il luogo è sostanza. Le facciate dei palazzi disegnano un margine che non esclude: incornicia. Qui l’intellettuale in arrivo dall’altra parte del mondo incontra lo studente delle superiori e la signora che ha messo da parte due ore tra turni e famiglia. È un festival che ascolta l’oggi—geopolitica, ecologia, democrazia, architettura, poesia—senza perdere il gusto dell’invenzione narrativa. Temi? Non manca nulla: nel 2024 il programma ha spinto su guerra, clima e acqua, democrazia e confronto tra generazioni; nel 2025 gli ospiti arrivano, come sempre, dai quattro angoli del mondo. Nota d’accuratezza: talvolta, nel racconto mediatico, si attribuiscono a Mantova premi o iniziative di altri festival; ad esempio, il premio e la rassegna “Incroci di Civiltà” appartengono all’Università Ca’ Foscari e alla città di Venezia, non a Festivaletteratura. Piccola precisazione? Sì. Ma la precisione fa la differenza tra una brochure e un giornalismo serio.
Vita pratica: biglietti, città, persone. La vita concreta del festival merita due note pratiche. I biglietti si acquistano online e chi è socio Filofestival accede alle prevendite con un anticipo utile: non poco, perché molti incontri vanno sold‑out. Le campagne di tesseramento e il calendario sono comunicati con precisione, persino con scadenze d’agosto. Nel frattempo, la città scorre: bici ovunque, tragitti brevi, bar che diventano foyer improvvisati; le magliette dei volontari fanno da bussola a chi arriva per la prima volta. Sembra un dettaglio, invece è forma: quando la logistica è amica, il pensiero ha il tempo di respirare.
Ecco il punto, senza giri di parole: Festivaletteratura non è un red carpet. È un rito civile che rimette in circolo fiducia, idee, immaginazione. Una città che si fa piazza e biblioteca per chiunque voglia pensare. Che domanda resta? Solo questa: ci vediamo a Mantova—con un libro in tasca e, magari, la voglia di cambiare idea.
Riflessioni
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