Francia 2025: il “core” che scricchiola
Deficit persistente, spread vicino all’Italia e un governo appeso al voto di fiducia: Parigi riscopre la fragilità.
ECONOMIA
by Martin J. Osburton
8/30/20253 min leggere


Non è l’Italia del 2011; è la Francia del 2025. I numeri sono testardi, la politica è corta di fiato e i mercati non hanno molta pazienza. Quando i conti non tornano, la retorica dura mezza seduta—poi parlano i prezzi.
I numeri, senza giri di parole. Nel 2024 il disavanzo pubblico francese è salito al 5,8% del PIL, dopo il 5,4% del 2023; per il 2025 l’esecutivo punta di nuovo al 5,4%. Sono livelli quasi doppi rispetto al tetto Ue del 3%. A ricordarlo è anche Fitch, secondo cui la consolidazione fiscale resta impegnativa nonostante l’approvazione del bilancio 2025. Il confronto con l’Italia sorprende: nelle stime della Commissione Europea Roma porta il deficit al 3,4% nel 2024, 3,3% nel 2025 e 2,9% nel 2026, cioè una discesa graduale—non miracolosa, ma visibile.
Lo spread che (quasi) cancella gli stereotipi. Quando la fiducia vacilla, il conto arriva sul differenziale. Ad agosto il 10Y OAT–Bund è salito fino a 75–77 bps, promemoria di un premio al rischio che cresce. Ma il dato che fa sobbalzare gli analisti è un altro: il gap con l’Italia è sceso sotto i 10 bps, un’equiparazione che fino a ieri sembrava anatema per chi ricorda la crisi dei debiti sovrani. In parallelo, le banche francesi hanno sofferto in Borsa (–6% e oltre per i big) dopo l’annuncio della fiducia: segnale che la politica oggi pesa quanto i fondamentali. Il risultato? La linea fra “core” e “periferia” non è più una muraglia, ma una matita smussata. E sì: fa un certo effetto.
Debito, interessi, pensioni: il cane che si morde la coda. Il debito/PIL francese viaggia oltre il 114% (primo trimestre 2025), terzo in Eurozona dopo Grecia e Italia. Con i rendimenti a lunga sui massimi dal 2011, il servizio del debito diventa più costoso e rosicchia spazio a investimenti e riforme. Poi c’è la spesa pensionistica: attorno al 14% del PIL, tra le più alte dell’OCSE e superata solo da Grecia e Italia; le proiezioni ufficiali stimano un aumento di 0,5–1 punto di PIL nel prossimo decennio (dipende dalla produttività). Più interessi → più spesa corrente → meno margini per crescere: un circuito vizioso che non si spezza con gli slogan.
Politica: la fiducia (che manca). Il governo è appeso a un filo. Il primo ministro François Bayrou ha legato al Parlamento un voto di fiducia l’8 settembre su un pacchetto da 44 miliardi tra tagli e nuove entrate; le opposizioni hanno annunciato il no e i numeri d’Aula sono incerti. La probabilità di sconfitta è concreta, con possibili rimpasti o persino nuove elezioni, e ogni ora di incertezza si traduce in premio al rischio più alto sui titoli francesi. La catena è semplice (e crudele): instabilità politica → spread più largo → interessi più cari → più spesa → nuovo deficit. Un cane che si morde la coda. No, peggio: una ruota.
Che cosa guardare adesso. Primo, la traiettoria del deficit: governo e FMI indicano 5,4% nel 2025; senza un percorso credibile di rientro, la pressione di mercato resterà. Secondo, la composizione della spesa: senza toccare pensioni e interessi, ogni manovra rischia di essere cosmetica. Terzo, la tenuta politica: i mercati preferiscono un governo imperfetto ma stabile a una giostra di no e contro‑no. Quarto, il contesto europeo: la “periferia” corre — gli spread di Italia e Grecia sono scesi ai minimi pluriennali, segno di una fiducia che si è spostata. Quanto all’ipotesi FMI, è rimbalzata nei corridoi, ma il ministro dell’Economia Eric Lombard l’ha esclusa e ha ribadito il target di deficit, pur ammettendo una fase “seria”. Insomma: niente allarmismi, però niente favole.
L’Italia del 2011 è un fantasma utile, non un algoritmo. La Francia 2025 è un’altra storia: più ricca, sì; ma oggi più esposta di quanto immaginasse. Se il “centro” europeo s’inceppa, la periferia non applaude: prende appunti. La verità è che i mercati non votano, ma votano coi prezzi — ogni giorno, ogni asta. E alla fine, come sempre, il conto torna. O si presenta alla porta, senza bussare.
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