“La Faradda di li Candareri”: quando una città scende per risalire

Il 14 agosto Sassari rinnova un voto medievale: storia, suoni e gesti della processione danzante dei Candelieri.

TRADIZIONITERRITORIO

by Martin J. Osburton

8/14/20253 min leggere

“Faradda” significa discesa, eppure la sensazione è l’opposto: una città che si solleva proprio mentre scende. Legno che vibra, spalle in trazione, un ritmo antico che — perdonate la correzione — non è spettacolo; è memoria in azione.

Il rito, passo dopo passo. La vigilia dell’Assunta, 14 agosto, alle 18, Sassari entra nel suo tempo liturgico laico‑popolare. I Candelieriballano” tra piffero e tamburo lungo il percorso storico: partenza da piazza Castello, passaggio dinanzi a Palazzo di Città con l’omaggio al sindaco, arrivo alla chiesa di Santa Maria di Betlem per lo scioglimento del voto alla Madonna che, nella tradizione, preservò la città dalla peste. Non è corsa né parata: è un’oscillazione controllata, fatta di soste, ripartenze, curve e inchini. Una disciplina condivisa, non improvvisata.

Cosa portano davvero le spalle. Al posto dei ceri di cera, oggi si vedono macchine lignee: in alto il capitello da cui scendono nastri e drappi, al centro il fusto, in basso la base con quattro stanghe per la presa. Il lessico è tecnico perché lo impone la realtà: ogni candeliere può pesare fino a quattro quintali e per muoverlo servono otto portatori che si intendono a sguardi e respiro. Il fusto misura circa tre metri; l’insieme, quando oscilla, diventa una colonna che pare toccare il cielo basso del centro storico. Il “ballo” non è improvvisazione: inclinazioni e rotazioni sono calcolate, le pause servono a redistribuire il peso. È fisica comunitaria.

Origini, voto, identità. La Faradda nasce come ex‑voto alla Madonna Assunta per la liberazione dalla peste: la città promette, la città mantiene. Per questo i sassaresi la chiamano Festha Manna, la “festa grande”. A portare le colonne sono i Gremi, eredi delle corporazioni di arti e mestieri: oggi partecipano complessivamente undici (13 secondo alcuni dati recenti includendo Macellai e Fabbri ammessi più recentemente) gremi, ciascuno con il proprio santo patrono, colori ed emblemi, e una cappella di riferimento. Attorno alla data principale ruota un calendario che educa alla tradizione: i Piccoli Candelieri del 5 agosto e i Medi Candelieri del 9 agosto fanno provare ai più giovani il passo, il suono, la responsabilità; poi arrivano il Concerto per i Candelieri e la consegna del Candeliere d’Oro, d’Argento e d’Oro speciale, che premiano radici e meriti della comunità. È così che il rito resta vivo: allenando generazioni diverse allo stesso battito.

Riconoscimenti e rete. Dal 2013 la Discesa è parte delle Celebrations of big shoulder‑borne processional structures, la Rete delle grandi macchine a spalla italiane iscritta nella Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO — insieme a Viterbo (Macchina di Santa Rosa), Nola (Gigli) e Palmi (Varia). La candidatura “di rete” è una scelta intelligente: se città diverse condividono la stessa grammatica del gesto — spalle, stanghe, ritmo, voto — allora quel gesto non è solo locale; è patrimonio condiviso, capace di parlare oltre i confini.

Perché resiste (e parla al futuro). In un’epoca che brucia tutto, la Faradda chiede l’opposto: lentezza, addestramento, comunità. L’alleanza è chiara: io porto il peso, tu mi dai il passo. Politicamente — sì, diciamolo — è una lezione di cittadinanza: l’autorità riceve l’omaggio, ma il potere, per una volta, sta nelle spalle coordinate e nell’orecchio che tiene il tempo. La partecipazione non è ornamentale: ogni anno si parla di decine di migliaia di presenze, fino a 100.000 persone; la “vestizione” dei Candelieri nei giorni precedenti, i preparativi nelle case dei gremianti, l’attenzione per la sicurezza e per i varchi raccontano una città che si riconosce nel proprio rito e lo cura, senza trasformarlo in souvenir. È qui la sua attualità: non un “evento” da consumare, ma un patto che si rinnova, testardo, con il legno sulle spalle.

Finché il legno peserà sulle spalle, Sassari non smetterà di danzare: scendere per risalire — e ricordare, insieme, chi siamo.

«Nota fonti. Sull’altezza: le schede locali indicano un fusto di circa 3 m e una macchina oltre i 3 m; altre descrizioni parlano di colonne attorno ai 6 m complessivi. Su peso (fino a quattro quintali) e otto portatori coincidono le fonti istituzionali.»

A zent’anni !!!