L’epoca del “tutto e subito”: il cortocircuito morale di una società in saldo

Quando il denaro diventa l’unico parametro di misura, il rischio non è la povertà materiale, ma quella etica.

SOCIETÀ

by Martin J. Osburton

8/11/20251 min leggere

Frasi come Baciatemi il Culo o La mia è dipendenza dai soldi, pronunciate con una tale leggerezza in TV o sui social, sembrano solo provocazioni ma in realtà sono semi. E i semi, se trovano terreno fertile, germogliano ahimè.

Siamo, più o meno, una società col piede sempre giù e il tempo, in realtà, non insegna più: intralcia. La fatica, spesso, viene letta come un errore e i soldi, ora, come scorciatoia per tutto. Nei modelli che i ragazzi vedono — reality, influencer, format — l’eroe, a volte, è chi mostra ciò che ha, non chi crea, studia, suda o resiste.

Questa estetica dell’avere subito e del mostrarsi, in un certo senso, costa cara: genera teste che misurano il “successo” in marchi, notti a cinque stelle e bracciali lucidi. Non stupisce, infatti, se tante cronache sembrano più o meno copie: ragazze pronte a umiliarsi per entrare nella cerchia “giusta”; ragazzi che rischiano tutto per un gadget di lusso (vedasi il caso di omicidio per un paio di cuffiette da pochi euro).

L’illusione, a proposito, è che l’oggetto ti cambi la vita; la realtà, spesso, è che ti lega corto. Gli addetti ai lavori lo chiamano consumo da vetrina; in altre parole, si compra per farsi vedere e l’immagine, ora, diventa moneta.

In questo schema, naturalmente, il lavoro pulito, l’attesa, la costruzione lenta di capacità e legami sembrano roba d’altri tempi. Il nodo, comunque, non è solo dei più giovani: è nostro, perché la società, spesso, fa da maestra con pubblicità, spettacoli e titoli che vendono felicità in confezione.
Forse il vero lusso, onestamente, è imparare a dire “non mi serve”, perché, alla fine della giornata, la libertà vera non ha prezzo.