Quando la politica si spoglia del decoro

L’invasione "social" in Consiglio: una farsa che dovrebbe farci arrossire di disgusto.

POLITICA

by Martin J. Osburton

8/9/20251 min leggere

Made ChatGPT
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È accaduto l’8 agosto 2025: una tiktoker con oltre un milione e mezzo di follower irrompe nel cuore delle istituzioni — il Consiglio regionale della Campania — trasformando l’ufficio del capogruppo di Azione in un palcoscenico. E sì, si è finiti col parlare di buffonerie, espulsioni, reazioni bipartisan. Un siparietto che ci lascia sconcertati, mentre il tricolore ondeggia come un vessillo di satira politica involontaria.

Una nota tiktoker, affiancata da un altro “personaggio” che personalmente non mi sento di citare, entra nell’ufficio del consigliere Pasquale Di Fenza, tra bandiere tricolori svolazzanti e l’inno di Mameli come colonna sonora di cabaret. Sul video TikTok campeggia la scritta «Popolo ci sei? Working in progress» — come se si stesse annunciando la conquista della poltrona.

Le reazioni non si fanno attendere. Carlo Calenda, leader di Azione, definisce il consigliere “buffone” e lo espelle in tronco: “pantomime indecenti con personaggi improbabili e vaiasse varie”. Il presidente dell’Assemblea regionale, Gennaro Oliviero, parla di ridicolizzazione delle Istituzioni. Critiche piovono da destra e sinistra, da Nappi della Lega fino a Borrelli («una buffonata» che «rattrista»), e Annunziata (Pd) parla di “luoghi di rappresentanza che meritano sobrietà e rispetto”.

Di Fenza si difende: era “una visita per ascoltare istanze”, una “leggerezza politica”, senza intenzione di offendere. Ma a nulla valgono le scuse: l’espulsione è immediata, comunicata tramite una nota alla stampa — non al diretto interessato — e accompagnata da parole che pesano come pietre.

Onestamente, oggi la politica somiglia sempre più a un teatrino di quartiere, dove lo show conta più del servizio pubblico. I simboli si riducono a immagini perfette per clip virali, e questa viene venduta come “visione d’effetto”. Chi entra nelle stanze del potere spesso ne esce con scenografie pronte per like e applausi, come fosse un set cinematografico. E a noi resta addosso un retrogusto amaro: perché, come dicevo, non è satira, è stomaco.