Sotto i chinar, oltre le “Ghost Cities”: la parola come cartografia della resistenza
Dal secondo Chinar Book Festival nella Srinagar ferita al Miles Franklin Award di Siang Lu: due coordinate narrative che dialogano su identità, conflitti e diaspora.
LETTERATURA
by Martin J. Osburton
8/3/20252 min leggere


Tra i chinar e il filo spinato.
Laddove il Dal di Srinagar riflette montagne che paiono trattenere il respiro, i giganteschi chinar stendono ancora la loro ombra vegetale su una terra abitata da contraddizioni più antiche delle stesse radici. Dal 2 al 10 agosto, il Chinar Book Festival torna allo SKICC di Srinagar per la sua seconda edizione, convocando oltre trecento editori, poeti e lettori in una valle che conosce bene sia il silenzio calcolato dei coprifuoco, sia il frastuono improvviso delle cronache globali. È un incontro che rifiuta il paradigma dell’evento mondano: qui il libro è forma di resistenza sorridente, carezza che incrina la ruggine della paura.
La piazza dei libri come atto politico.
Tra workshop di scrittura creativa, mahfil‑e‑afsana e recital sufi, il festival trasforma lo spazio pubblico in un’agorà letteraria dove la parola non è ornamento, bensì dispositivo comunitario. Accorrono giovani delle scuole e dell’università attratti da reading improvvisati, consultano testi antichi, “twittano” versi in urdu e in inglese, e si misurano con panel su “religione, cultura e modernità” condotti da studiosi locali: un esercizio di “respiro collettivo” in una regione che troppo spesso si vede raccontata solo per statistiche di soldati e barriere. Sotto i portici dello SKICC la ragione critica s’intreccia con la corporeità della festa, dimostrando che la fragile democrazia dell’inchiostro può ancora agire come anticorpo alla topografia del conflitto.
La diaspora in farsa: l’ironia di Ghost Cities.
Migliaia di chilometri più a sud‑est, un’altra voce si fa largo. Con Ghost Cities, il sino‑australiano Siang Lu conquista il Miles Franklin Literary Award 2025. Il romanzo, definito dalla giuria “una genuina pietra miliare della letteratura australiana”, è un ibrido narrativo: farsa, méta‑cinema e meditazione dolente su ciò che resta di una lingua quando la migrazione la sgretola in dialetti interiori. La storia di un traduttore che — paradosso perfetto — non parla la lingua che dovrebbe mediare, si dipana fra hashtag (#BadChinese) e cineaste visionari in una città fantasma trasformata in set. Lu, rifiutato duecento volte dagli editori, riscatta così la propria ostinazione e parla a un’esistenza diasporica che, simile al Kashmir, conosce esilio e ritorno, memoria e caricatura.
Coordinate parallele, ferite comuni.
Che cosa unisce una valle militarizzata e una metropoli letteraria d’oltremare? Un sentimento di “intermittenza dell’appartenenza”: in Kashmir, gli intellettuali riscrivono la storia fuori dal binomio propaganda/cronaca; in Australia, un autore di origine cinese smonta con humour le tassonomie identitarie imposte dal mercato culturale. In entrambi i casi la letteratura agisce come lente che deforma, ridefinisce e restituisce dignità alle fratture. Il festival kashmiro offre un palcoscenico a lingue minorizzate e memorie soffocate; Ghost Cities dimostra che la satira può trasformare lo spaesamento in capitale estetico. Nell’intreccio delle due narrazioni si scorge una costellazione di resistenze: dal verso sufi bisbigliato tra cordoni di sicurezza alla battuta sarcastica che smaschera l’essenzialismo etnico.
Mappe future della parola.
Se c’è un filo che lega chinar e ghost cities, è la capacità del libro di diventare geografia alternativa: un atlante dove le frontiere non sono linee, ma storie che transitano. Forse, allora, la domanda non è più “a chi appartiene il racconto?”, bensì “chi possiede il diritto di cambiarlo?”. Festival e premi, per quanto imperfetti, aprono varchi: la valle insegna che persino un foglio può farsi tregua; Lu ricorda che un rifiuto non è un confine, ma un invito a ri‑immaginare la mappa. Chi pensa che i libri siano innocui non ha mai visto un chinar dividersi per far passare una pagina incendiaria.
Riflessioni
Uno spazio per pensare oltre la superficie.
Creatività
martin@osburton.com
+?? ??? ??????? - vuoi sapere il mio numero di telefono ? Clicca qui.
© 2025. Tutti i diritti sono riservati.