Villa Rosa: il gioiello che la politica dimentica (ma l’Europa ci invidia)

Dalle stanze al grezzo ai robot in corsia: il futuro (ignorato) della riabilitazione trentina

SANITÀ

by Martin J. Osburton

7/23/20252 min leggere

Un tesoro nascosto tra le Dolomiti. Sessantanove anni di storia, 65 milioni di euro di investimenti pubblici, una vocazione interregionale dichiarata e—lasciatemelo dire—un’aura da rabdomante della neurologia riabilitativa: l’ospedale Villa Rosa di Pergine Valsugana, come raccontato anche da un articolo de L’Adige del 22 luglio, sembra uscito da un paywall di rivista scientifica, non da un comunicato provinciale. Dal 1956 accoglie i corpi (e le anime) di chi deve reimparare a camminare, parlare, respirare con il proprio passo, il proprio timbro, il proprio battito. Eppure, metà dell’edificio resta “al grezzo”, come una pagina bianca in un romanzo che attende l’ultimo capitolo. Paradosso trentino: eccellenza al centro, disattenzione politica ai margini.

132 posti letto e un sogno a metà. La Provincia, carte alla mano, aveva promesso un “polo ad alta specializzazione” con 132 posti letto. Oggi quelli effettivamente attivi sono la metà. È come comprare un cacciavite di precisione e usarlo per aprire le noci di Natale: si può fare, ma lo spreco strappa l’applauso soltanto ai contabili del paradosso. Gli spazi vuoti sono crepe visibili, crepe che urlano «usateci!» —mentre il personale combatte la sua battaglia quotidiana contro liste d’attesa e, ahimè, budget al ribasso.

NeMo: l’upgrade che funziona. Poi è arrivato NeMo, centro per patologie neuromuscolari e neurodegenerative. Un “like‑doppio‑tap” clinico, verrebbe da dire: standard europei, équipe multiprofessionali, sinergia con la ricerca universitaria (quella facoltà che ancora cerchiamo con il lanternino). Robotica riabilitativa, domotica del progetto Ausilia, neurofisiologia clinica: insomma, il futuro abita già qui, basta aprirgli la porta. Chi scrive lo ha visto con i propri occhi: piani di trattamento sartoriali, caregivers coinvolti, pazienti che—letteralmente—riaprono finestre su una vita più autonoma.

Politica in apnea (come sempre). E allora perché la macchina istituzionale procede alla velocità di un modem da 56k? Semplice chiasmo: decidere presto, investire lungo, monitorare poco / decidere tardi, investire corto, monitorare niente. La mozione dei gruppi di centrosinistra del Consiglio Comunale di Pergine Valsugana chiede una Commissione consiliare speciale che in dodici mesi partorisca un piano strategico condiviso. Bene, ma il timer scorre: tic‑toc, tic‑toc. Intanto le pareti vuote fanno eco e i professionisti rischiano di migrare altrove verso regioni che sanno trasformare le promesse in reparti, i reparti in pubblicazioni, le pubblicazioni in finanziamenti.

Centro vs periferia: la lezione (dimenticata) della lentezza. C’è un bias culturale: pensiamo che la “periferia” debba accontentarsi, che la grande ricerca stia solo nei capoluoghi‑capitali. Villa Rosa dimostra il contrario. La sua posizione decentrata è un invito alla lentezza come resistenza: tempi di degenza adeguati, terapie che non corrono ma accompagnano, riabilitazione che dialoga con il paesaggio alpino. Leggere piano, discutere lungo, scrivere corto—e guarire meglio.

Un manifesto per la dignità riabilitativa. Anafora necessaria: basta stanze vuote, basta promesse non sigillate, basta talenti trascurati. Servono: Finanziamenti vincolati al completamento degli spazi “al grezzo” (pavimenti, attrezzature, personale); Posti letto ripristinati al numero originario; la domanda cresce, i posti no; Formazione universitaria in sede, motore di ricerca clinica e magnete per giovani professionisti; Governance stabile, con indicatori pubblici su esiti funzionali, tempi di presa in carico, qualità di vita dei pazienti.

E se Pergine diventasse benchmark europeo? Domanda implicita: perché non trasformare Villa Rosa in laboratorio‑pilota dell’Unione, agganciando i programmi Horizon Europe su digital health e robotica? L’infrastruttura c’è, il know‑how pure, la storia sostiene. Serve solo la volontà—politica e sanitaria—di spingere sull’acceleratore invece di girare al minimo. “Le crepe non sono difetti, sono inviti a ricostruire.” Villa Rosa ha già la malta, i mattoni e l’ingegno. Manca il colpo di cazzuola istituzionale. Altrimenti rischiamo di scoprire, troppo tardi, che la periferia era centro e il centro—beh—era altrove a guardare.