Il futuro non aspetta l’appello: perché l’Intelligenza Artificiale a scuola deve parlare trentino (e non solo ministeriale)
Dalla domanda della Consigliera Paola Demagri all’occasione di un progetto che può trasformare davvero l’istruzione — se avremo il coraggio di governarlo in prima persona.
SCUOLA
by Martin J. Osburton
7/14/20253 min leggere


Lettera aperta alla politica provinciale.
C’è un momento, nei lunghi pomeriggi in classe, in cui la retorica parlamentare smette di ronzare come una mosca intorno al microfono e l’interrogazione — la Sua, Consigliera Demagri — risuona cruda: «Trento partecipa o no al tutor virtuale del Ministero?». Dietro quel monosillabo c’è molto più che un modulo di adesione; c’è la questione politica in cui si misura la sostanza della nostra Autonomia. Perché se la scuola è il motore dell’“ascensore sociale”, chi ne controlla il software decide chi salirà al piano nobile e chi resterà bloccato in cantina.
Il progetto ministeriale, lo sappiamo, promette un tutor digitale per ogni studente. Struttura dati, profilazioni, quiz INVALSI (approfondisci qui), dashboard a colori e — non sembri dettaglio minore — l’ecosistema Google Workspace come retrobottega. Tutto legittimo, tutto auspicabilmente utile. Ma la domanda non può limitarsi a “ci stiamo dentro?”, bensì rovesciarsi in “come stiamo dentro?” e soprattutto “che cosa portiamo di nostro?” Altrimenti la provincia che si vanta dei suoi centri di ricerca rischia di diventare consumatrice passiva della didattica altrui, proprio mentre altrove si discute di sovranità dei dati come un nuovo capitolo dei diritti civili.
Che cosa abbiamo di nostro da mettere sul tavolo? FBK ha rilasciato FAMA, un modello linguistico open source già considerato una buona pratica; IPRASE ha avviato webinar sull’IA prima ancora che Roma spedisse le circolari; l’Università di Trento siede nei consorzi che dibattono di etica algoritmica. Non è poca roba. Eppure — dicono i corridoi — il dossier scuole + IA gira tra uffici come un fascicolo senza destinatario fisso. È qui che la Sua interpellanza, Consigliera, diventa pungolo prezioso.
Permettetemi allora la spinta di queste proposte operative, scandite con la brevità della lista ma attraversate dal respiro di una strategia: 1) Tavolo permanente «IA & Scuola Trentina»: assessorato, IPRASE, FBK, presidi, rappresentanze studentesche. Non una cabina di regia ornamentale, ma un laboratorio che definisca obiettivi misurabili e criteri di trasparenza prima di firmare convenzioni: 2) Linee guida etiche pubbliche, ispirate ai protocolli di FAMA: dataset tracciabili, audit periodici, banche dati ospitate — per quanto possibile — su server sotto giurisdizione provinciale: 3) Progetto pilota in dieci istituti periferici: se la promessa è ridurre le disuguaglianze, testiamola dove il divario digitale morde di più. Ci si gioca reputazione, certo; ma il coraggio amministrativo non è mai stato faccenda per cuori pavidi: 4) Formazione docenti da quaranta ore minime, riconosciuta come credito professionale. Un tutor algoritmico non sostituirà l’insegnante, finché l’insegnante saprà leggerne i limiti, confutarne gli errori, usarlo come specchio e non come stampella: 5) Osservatorio studenti & famiglia: perché l’apprendimento non si riduce ai grafici; serve misurare benessere, ansia da performance, percezione di sorveglianza. L’algoritmo che promette «personalizzazione» può diventare gabbia gentile: vigiliamo prima, non dopo.
Alcuni obietteranno che simili precauzioni rallentano la corsa; io rovescio il sillogismo: governare è l’unico modo onesto di accelerare senza schiantarsi. E non si invochi la penuria di fondi: in una terra che programma investimenti milionari per l’innevamento artificiale, trovare risorse per innevare di futuro le aule non è questione di bilancio, ma di priorità morale.
Giunti a questo punto, la dialettica maggioranza–opposizione dovrebbe fare un passo di lato. L’interrogazione non va archiviata con la rassicurazione di rito (“ci stiamo lavorando” è l’anestetico del pensiero critico), né strumentalizzata come clava di propaganda. Va metamorfosata in patto di corresponsabilità: se la politica si limita ad acquistare pacchetti preconfezionati, abdica alla propria ragion d’essere; se invece osa progettarli, contribuisce alla crescita di una cittadinanza che non teme la complessità tecnologica — la abita.
Scrivo queste righe ai lettori più esigenti, quelli che non si accontentano del duello di slogan sui social: sapete bene che il vero capitale in gioco non è la licenza software ma la fiducia. Scuola e democrazia si reggono sul medesimo pilastro: convincere i figli che vale la pena di partecipare. E noi li convinceremo solo se sapremo mostrare che l’Intelligenza Artificiale può essere strumento di emancipazione, non oracolo opaco di valutazioni automatiche.
Assessora Gerosa, trasformi l’interrogazione in invito pubblico, convochi il tavolo, batta un colpo che sia degno dell’Autonomia che amministriamo. Consigliera Demagri, continui a pungolare ma si sieda, poi, a scrivere le regole insieme: non di rado la minoranza diventa maggioranza nell’agenda del futuro.
«Se non avremo il coraggio di programmare la nostra scuola, non stupiamoci quando la scuola inizierà a programmare noi.»
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